Sapere e Sapori
26 novembre 2010 - serata campana
Anche quest’anno a Liscate qualcuno è riuscito ad organizzare un ciclo di serate dedicate alla conoscenza del vino, alla degustazione ed all’abbinamento con i piatti più sfiziosi, con un occhio sempre rivolto alla tradizione italiana. Dobbiamo ringraziare Aldo Iannelli se questa iniziativa ha avuto successo e Alberto Rovati, il nostro straordinario sommelier, se il livello degli incontri è stato elevato.
Personalmente ho avuto altri incontri con la “Compagnia di Tindaro” e con il gruppo “Gourmet” , ed ho potuto partecipare solo alla serata del 26 Novembre dedicata all’enologia e gastronomia campana.
La Campania, una regione molto controversa, di grandi contrasti, spesso discussa e oggetto di critiche feroci, ma anche molto amata, a volte purtroppo teatro di grandi tragedie. Fortunatamente noi in queste pagine commentiamo e discutiamo solo della sua enogastronomia e su questa credo che i parert siano concordi; in tutto il mondo sono conosciuti i prodotti tipici campani, molti di essi sono diventati piatti internazionali, tanto che la più importante catena di pizzerie del mondo è l’americana “Pizza Hut”.
Molto diversa la situazione in campo enologico i vini campani sono di altissimo livello ed eraditano una antica tradizione. Purtroppo la produzione non è sufficiente a soddisfare la grande domanda. La conseguenza inevitabile è un livello di prezzi piuttosto alto. I due produttori leader del territorio sono “Feudi di san Gregorio” e “Mastroberardino”, quest’ultimo in particolare può essere considerato il padre della moderna enologia campana. Quando altri puntavano su uve internazionali il Cav. Antonio continuò ad insistere caparbiamente sulle uve tradizionali del territorio campano. Forse non tutti sanno che in Campania si contano più vitigni autoctoni che in tutta la Francia.
Personalmente ho avuto altri incontri con la “Compagnia di Tindaro” e con il gruppo “Gourmet” , ed ho potuto partecipare solo alla serata del 26 Novembre dedicata all’enologia e gastronomia campana.
La Campania, una regione molto controversa, di grandi contrasti, spesso discussa e oggetto di critiche feroci, ma anche molto amata, a volte purtroppo teatro di grandi tragedie. Fortunatamente noi in queste pagine commentiamo e discutiamo solo della sua enogastronomia e su questa credo che i parert siano concordi; in tutto il mondo sono conosciuti i prodotti tipici campani, molti di essi sono diventati piatti internazionali, tanto che la più importante catena di pizzerie del mondo è l’americana “Pizza Hut”.
Molto diversa la situazione in campo enologico i vini campani sono di altissimo livello ed eraditano una antica tradizione. Purtroppo la produzione non è sufficiente a soddisfare la grande domanda. La conseguenza inevitabile è un livello di prezzi piuttosto alto. I due produttori leader del territorio sono “Feudi di san Gregorio” e “Mastroberardino”, quest’ultimo in particolare può essere considerato il padre della moderna enologia campana. Quando altri puntavano su uve internazionali il Cav. Antonio continuò ad insistere caparbiamente sulle uve tradizionali del territorio campano. Forse non tutti sanno che in Campania si contano più vitigni autoctoni che in tutta la Francia.
Una interessante curiosità: I primi a coltivare le uve Aglianico nella zona di Avellino furono delle popolazioni liguri, so che per i campani potrebbe essere incredibile, ma la fonte è assolutamente affidabile: il sito ufficiale del comune di Taurasi, dove si legge: “181-180 a.C. I Romani trasferiscono nei Campi Taurasini ("Ager Taurasinus"), quasi privi di popolazione, i Liguri-Apuani di stirpe celtica, questi trovando delle zone molto fertili riprendono la coltivazione e della vite "greca".” Da ligure devo dire che trovo la notizia molto divertente.
4/12/2010 – Francesco P. |
L E S C H E D E D E L L A S E R A T A
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Pablo Neruda - Ode al vino
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La pagina si apre con dei versi di Pablo Neruda, che fanno parte di una "Ode al vino" che trovate trascritta nel file accanto. E' una delizia. Provate a leggerla a tavola davanti ad un bicchiere di buon vino. Noi possiamo trovare mille abbinamenti con i cibi più prelibati, ma l'abbinamento vino e poesia offre ancora spazi inesplorati.
Avrei preferito trascrivere la poesia di un poeta campano, che non mancano, ma quando ho trovato Neruda, non ho saputo resistere. Neruda non è campano, ma è un amico. |
Struffoli contro Purciadduzzi
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Ricordo le prime volte che per lavoro mi trovavo in Spagna, uno degli argomenti di conversazione con i colleghi, soprattutto a pranzo, era la cucina. All’estero tutti conoscono la cucina italiana, senza distinzione di latitudine: pasta, pizza, lasagne, in particolare i primi piatti sono considerati senza distinzione regionale, semplicemente italiani. Qualche personaggio più curioso arrivava a domandarmi quali sono i piatti tipici delle varie ricorrenze. Date le mie origini salentine, per la cucina natalizia la mia risposta era immediata: “I purciadduzzi”. Nello stupore generale, anche da parte degli altri italiani presenti, spiegavo di che cosa stavo parlando. La cosa si faceva sempre più difficile, nel mio spagnolo approssimativo di allora, tanto che successivamente, alla fatidica domanda, rispondevo invariabilmente: “Il panettone”. Questo si trovava anche in Spagna, lo conoscevano tutti e non avevo bisogno di descriverlo.
Negli anni successivi, sia perché conoscevo meglio la lingua spagnola, sia perché mi vergognavo di aver tradito le mie origini a favore del più noto dolce natalizio milanese, decisi che sarebbe stata una buona idea portare qualche piatto di purciadduzzi a parenti ed amici, divenne una tradizione che durò finchè mia madre ebbe voglia e possibilità di dedicarvi una giornata intera per la preparazione. |
In questa pagina mi propongo di parlare non solo dei purciadduzzi, ma anche degli struffoli, un dolce tipicamente napoletano, apparentemente identico ai purciadduzzi, ma in realtà con qualche differenza fondamentale. Non mi sono azzardato a dare la mia ricetta, perché queste ricette così tradizionali sono tanto diffuse che ne esistono migliaia di versioni diverse, direi una per ogni famiglia. Ho preferito riportarne due che mi sembra ne mettano in evidenza le differenze principali.
La differenza più importante sta nell’impasto: gli struffoli devono essere piuttosto consistenti, l’impasto è a base di burro, uova e un liquore aromatico, mentre i porciadduzzi devono risultare più friabili, l’impasto si fa solo con olio d’oliva aromatizzato con la scorza di vari agrumi e vino bianco. La farina è sostanzialmente la stessa 50% di grano duro e 50% bianca. L’altra differenza sta nelle forme, i porciadduzzi oltre alla classica forma a pallina si preparano anche in forme più elaborate e delicate che prendono il nome di “ncarteddrata” o "cartellate", una sfoglia tagliata in striscioline e poi avvolta in forma di rosa, di solito era il mio contributo personale alla preparazione casalinga. Il bagno nel miele è lo stesso nelle due ricette. Le altre differenze sono minime e come ho detto variano da famiglia a famiglia, mia madre per esempio per l’impasto usa solo il vermouth.
La mia preferenza va ovviamente ai purciadduzzi, per l’impasto più friabile e per le forme più varie. Ma non posso negare di essere un giudice di parte. Un’ultima considerazione: ho provato varie volte sia gli uni che gli altri, ma sempre fatti in casa, non li ho mai visti in vendita nelle pasticcerie, suppongo che in Campania e nel Salento si trovino, ma il vero piacere è mangiare quelli fatti in casa
8 Dicembre 2010 Francesco P.
La differenza più importante sta nell’impasto: gli struffoli devono essere piuttosto consistenti, l’impasto è a base di burro, uova e un liquore aromatico, mentre i porciadduzzi devono risultare più friabili, l’impasto si fa solo con olio d’oliva aromatizzato con la scorza di vari agrumi e vino bianco. La farina è sostanzialmente la stessa 50% di grano duro e 50% bianca. L’altra differenza sta nelle forme, i porciadduzzi oltre alla classica forma a pallina si preparano anche in forme più elaborate e delicate che prendono il nome di “ncarteddrata” o "cartellate", una sfoglia tagliata in striscioline e poi avvolta in forma di rosa, di solito era il mio contributo personale alla preparazione casalinga. Il bagno nel miele è lo stesso nelle due ricette. Le altre differenze sono minime e come ho detto variano da famiglia a famiglia, mia madre per esempio per l’impasto usa solo il vermouth.
La mia preferenza va ovviamente ai purciadduzzi, per l’impasto più friabile e per le forme più varie. Ma non posso negare di essere un giudice di parte. Un’ultima considerazione: ho provato varie volte sia gli uni che gli altri, ma sempre fatti in casa, non li ho mai visti in vendita nelle pasticcerie, suppongo che in Campania e nel Salento si trovino, ma il vero piacere è mangiare quelli fatti in casa
8 Dicembre 2010 Francesco P.